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RAFFAELLI: ABOLIAMO LA REGIONE MA DENTRO UN QUADRO DI RILANCIO

«Abolire la Regione? Sì Intese sui grandi temi»Il Patt: «Ma così si porta l’Autonomia al capolinea»

Sia il giurista Roberto Toniatti che l'ex Obmann dell'Svp Siegfried Brugger hanno molto apprezzato le parole dell'ex parlamentare e leader di Azione Mario Raffaelli, che ieri su queste pagine ha rilanciato il tema della Regione. Un dibattito annoso, che ha sempre visto diviso il Trentino — che in tutti i modi ha cercato di rilanciare il ruolo dell'ente — dal Sudtirolo che lo ha sempre visto come inutile dal momento che pressoché tutte le competenze sono alle Province. Raffaelli, dal Trentino, ha in qualche modo «sposato» la linea sudtirolese, proponendo anch'egli l'abolizione dell'ente regionale, dentro però un quadro di rilancio della cooperazione tra le due Province.





La Regione andrebbe dunque sostituita da un organismo di alta rappresentanza dell'autonomia, con funzioni politiche di indirizzo senza più ruoli legislativi e di governo.«Se ne parla da anni, soprattutto in Alto Adige. Non è una proposta nuova», affermano il giurista e l'ex Obmann. O forse lo è per la politica trentina che ha sempre cercato di difendere un ente ormai depotenziato per paura di perdere l'aggancio all'autonomia attraverso il Sudtirolo: «Oltre al dibattito andrebbe fatto un approfondimento serio, lontano dai riflettori, per fare finalmente proposte operative. Altrimenti se ne parla soltanto».

«In Trentino fino ad ora si sosteneva soltanto che la Regione dovesse essere rafforzata. Ora c'è qualcuno che afferma che dev'essere sostituita con qualcosa d'altro. Bene — dice Toniatti — questo è un passo nella giusta direzione». E aggiunge: «Il nuovo organismo dovrebbe farsi carico delle linee politiche di indirizzo di medio-lungo termine, non occuparsi delle leggi dell'oggi. Sul turismo, sull'ambiente, sull'energia. Il dramma — osserva però il professore — è che la politica è schiacciata proprio sull'oggi, e al domani non pensa più nessuno. Se il nuovo organismo selezionasse anche una nuova classe politica non mi dispiacerebbe, perché abbiamo dei consiglieri regionali che francamente, dalla capacità di linguaggio a quella della formulazione dei concetti, non mostrano di essere all'altezza».

Anche Siegfried Brugger condivide la «provocazione» di Raffaelli: «Per il Sudtirolo non è cosa nuova. Io — ricorda l'ex Obmann — affermai da capogruppo dell'Svp nel 1989 che la Regione, così com'è, non ha più senso. Il senso attuale deve essere invece di collaborazione, di coordinamento tra due Province, di azione comune sui rapporti transfrontalieri». Brugger ricorda che «anche tanti amici trentini in passato avevano cercato soluzioni»: «Lo stesso Dellai, che su questo nei rapporti con Bolzano ha fatto passi da gigante, e Gianfranco Postal, un luminare del pensiero autonomista». Poi tutto si è arenato: «Tuttavia — continua Brugger — ora più che mai il tema andrebbe sostenuto, ampliato, approfondito. Per modernizzare l'autonomia e innovare il regionalismo — conclude — questa è la strada giusta».


Tra le reazioni suscitate dall'intervista a Mario Raffaelli, quella del segretario del Patt Simone Marchiori si distingue dal coro degli apprezzamenti: «Se la priorità è quella di archiviare la Regione, sostituendola con una fumosa e indefinita idea, temo che per l'Autonomia trentina si giunga presto al capolinea. Serve certamente una revisione completa dell'ente, ma chiara e concordata con Bolzano. Agitare lo spettro dell'abolizione non giova a nessuno».

Marchiori entra anche nel merito degli altri temi toccati da Raffaelli nell'intervista di ieri, quelli che riguardano le prossime provinciali del 2023: «Se le Stelle Alpine non hanno sciolto le riserve in merito al loro posizionamento è per la mancanza di chiarezza che alcuni continuano ad alimentare e per l'atteggiamento di chi, considerandosi il detentore della verità, vorrebbe che tutti seguissero i suoi insegnamenti. Raffaelli, infatti, dichiara che è necessario costruire qualcosa di nuovo in vista del 2023, che nulla abbia a che fare con il passato — osserva Marchiori — ma spiace tuttavia constatare come gran parte di chi siede sul famigerato tavolo del centrosinistra sia in politica da tempo immemore, con responsabilità dirette su tenuta e disfacimento del fu centrosinistra autonomista, dando quindi la sensazione di continuità e autoconservazione piuttosto che di freschezza, visione e futuro».

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