Il nostro candidato Paolo Farinati sul tema del Lavoro, da il T Quotidiano.
In Trentino occorre un nuovo patto per il lavoro Da più analisi della situazione economica e sociale nazionale e internazionale ci arrivano segnali molto significativi.
La crescita globale ci appare, come spesso succede, a macchia di leopardo, ma con valori in calo rispetto agli ultimi anni, specie nell’Unione Europea. L’ #inflazione cresce in maniera abbastanza omogenea in ogni continente, le banche centrali quasi all’unisono alzano i tassi d’interesse rendendo a cascata più onerosi i mutui per le famiglia e più costosi gli investimenti per le imprese, l’occupazione è sempre meno stabile, crescono in certi settori da noi in Italia le ore di cassa integrazione.

Se a questo aggiungiamo la guerra tra Ucraina e Russia, i focolai di morte con colpi di Stato nel cuore dell’Africa, la fuga di intere popolazioni da questa «terra madre», il quadro ci mostra sì luci ma pure molte ombre. I motivi di preoccupazione sono tanti, certamente maggiori persino ai recenti anni della pandemia. In questa situazione, volenti o nolenti, vive anche il nostro Trentino. Qui, dobbiamo essere onesti, la disoccupazione è appena sopra il dato cosiddetto fisiologico, ma molti sono anche da noi i contratti di lavoro precari, che colpiscono soprattutto le giovani generazioni. Il lavoro non è più stabile come alcuni decenni fa.
Non si danno prospettive di serenità o opportunità di creare una famiglia a persone che viaggiano con contratti interinali, a tempo determinato e con livelli di stipendio al limite della povertà. Questo tipo di lavoro non da dignità, ma solo grande inquietudine. E questo, ripeto, succede anche in Trentino: non va bene(!). Qui la politica deve tornare protagonista propositiva, deve saper accogliere le varie componenti del lavoro (imprenditori, artigiani, sindacati) per costruire un nuovo Patto del Lavoro, che sappia meglio interpretare i cambiamenti avvenuti e quelli prevedibili in seno all’economia e alla società in genere. Mi rendo perfettamente conto che tutto questo non lo si fa in una settimana, stanti le molte variabili esogene ed endogene in campo. Ma una comunità di poco più di 500 mila abitanti, che ha saputo in passato reagire alla povertà e all’ #emigrazione con visione e determinazione, ha il compito e il dovere di provarci.
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